una TV fa – Speciale #Sanremo: la cronistoria della rivalsa del Festival negli anni ’80

Tra meno di mese si accenderanno i riflettori sull’evento televisivo più atteso dell’anno: il Festival di Sanremo, con un’edizione particolarmente attesa e importante perché si soffieranno ben settanta candeline.

A poche settimana dal debutto non si parla d’altro tra polemiche, apprezzamenti e critiche: il primo Festival targato Amadeus sta già facendo ampiamente discutere e, come nelle migliori tradizioni, non è Sanremo senza polemica, il vero motore, la vera miccia che infiammerà tutta l’attenzione pubblica il mese prossimo.

Nell’attesa, in queste settimane che ci separano dall’inizio della kermesse, attraverso la nostra rubrica del martedì una TV fa vogliamo ripercorrere, soprattutto in occasione del considerevole compleanno, la storia e le tappe salienti di tutti questi anni. La scorsa settimana abbiamo esplorato i primi trent’anni del Festival, dalla nascita negli anni ’50, al successo degli anni ’60, fino al declino degli anni ’70.

Nell’appuntamento di oggi andremo a riscoprire i magnifici anni ’80 di Sanremo, che ne hanno segnato la rivalsa.

Il Festival numero 30 del 1980 segna una rottura rispetto agli anni offuscati precedenti. L’organizzatore Gianni Ravera chiama alla conduzione Claudio Cecchetto, che condurrà anche le due edizioni successive. Accanto a Cecchetto, l’irriverenza di Roberto Benigni e Olimpia Carlisi. Per la prima volta nella sua storia, il presentatore non svolgeva più un ruolo solo istituzionale di officiante, ma diventa protagonista del racconto. Fu ripristinata la suddivisione in due categorie, una per le “nuove proposte italiane”, che si sarebbero contesi 8 posti alla serata finale e una per i “Big italiani e stranieri” con 18 canzoni già qualificate alla serata finale. Viene nuovamente abbandonata l’orchestra a favore delle basi registrate: gli anni Ottanta saranno infatti caratterizzati dalle esibizioni in playback dei cantanti in gara. Il 1980 segna il ritorno in gara di Gianni Morandi, dopo un periodo di relativa oscurità, con un brano scritto da Francesco De Gregori e Ron. A vincere  fu  Toto Cutugno con Solo noi inaugurando una serie di piazzamenti che non lo videro mai più vittorioso, ma altre sei volte secondo, di cui quattro consecutive (che gli fecero guadagnare l’appellativo di eterno secondo) ed una volta terzo.

Si misero in luce tra i debuttanti, con Contessa, i milanesi Decibel, gruppo punk capitanato dal ventiduenne Enrico Ruggeri, destinato a segnare per i successivi decenni la storia della musica italiana. Gli stessi Decibel, tra l’altro, furono tra i pochi gruppi a suonare dal vivo.

La Rai trasmise in TV l’ultima serata del Festival, mentre delle prime due venne mandata in onda una sintesi della durata di 25 minuti, limitata alle canzoni qualificate. Quella del giovedì andò in onda alle ore 22 mentre quella del venerdì alle 23. Tutte e tre le serate furono trasmesse integralmente dalla radio.

L’elemento che diede visibilità mediatica al Festival  fu, tuttavia, la performance di Roberto Benigni, che dapprima, su un dialogo sul sesso, apostrofò l’allora papa regnante Giovanni Paolo II con l’appellativo di “Woitilaccione” e il presidente del Consiglio dei ministri, Francesco Cossiga, con il termine “Cossigaccio”. Successivamente si esibì in un bacio sul palco con l’altra co-conduttrice Olimpia Carlisi (all’epoca sua compagna) della durata di 30 secondi. Qualche problema con la censura ebbe anche Francesco Magni per la sua Voglio l’erba voglio: la Rai chiese al cantante di modificare un verso “chi si tira una pera solamente il dì di festa”, ma Magni si rifiutò e lo cantò ugualmente sul palco.

La trentunesima edizione vede la vittoria di Alice con Per Elisa e al secondo posto la sempre eterna Maledetta primavera. Questa edizione riportò la manifestazione all’attenzione del pubblico e, soprattutto, degli acquirenti di dischi, riportando in classifica un numero massiccio di canzoni dopo qualche anno di modesti riscontri (in particolare i brani di Alice e Loretta Goggi, assieme alla canzone quinta classificata Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri, si rivelarono tre hit internazionali divenendo ben presto tre evergreen della musica italiana); inoltre la compilation di quell’anno fu la prima della storia a imporsi tra i dischi più venduti, in quello che sarà poi un costante crescendo di anno in anno.

Altre canzoni di questa edizione che riscossero un buon successo furono anche Ancora di Eduardo De Crescenzo, e Caffè nero bollente e Roma spogliata, rispettivamente degli allora esordienti Fiorella Mannoia e Luca Barbarossa.

A diventare celebre anche la sigla di quell’edizione, la celeberrima Gioca jouer, cantata da Claudio Cecchetto.

I Ricchi e Poveri furono protagonisti di una vivace polemica: Marina Occhiena, appena uscita dal gruppo, rivendicò di poter partecipare anche lei alla gara con un ricorso in tribunale che venne accolto; durante le prove della prima serata del Festival il gruppo fu costretto ad esibirsi nella storica formazione a quattro, ma poi la Occhiena decise di defilarsi e dunque i Ricchi e Poveri gareggiarono con la nuova formazione a tre, mantenuta fino al 2016. Non meno vivace lo scandalo dato in diretta televisiva da “Fatty” Buster Bloodvessel, corpulento leader e fondatore dei Bad Manners, presenti in qualità di ospiti: Bloodvessels al termine dell’esibizione di Lorraine mostrò per un istante il fondoschiena al pubblico in favore di telecamera, costringendo Claudio Cecchetto a ricordare alla platea allibita che il nome del gruppo, “Bad Manners”, cattive maniere.

Questa fu anche la prima edizione in cui la Rai tornò a trasmettere integralmente la kermesse anche in TV, per la prima volta con tutte le serate in diretta. Anche Massimo Troisi avrebbe dovuto partecipare al festival, con tre interventi in veste di comico, ma poco prima di andare in onda decise di non apparire a causa dei tagli richiesti ai suoi monologhi dai dirigenti Rai, memori degli scandali causati da Benigni l’anno precedente.

L’edizione del 1982 viene ricordata per tutta una serie di brani entrati nella storia del Festival: dalla canzone vincitrice Storie di tutti i giorni alla Felicità di Albano e Romina. Fu l’edizione che vide l’istituzione del premio della critica appositamente creato per premiare la straordinaria interpretazione di Mia Martini con E non finisce mica il cielo, scritta per lei da Ivano Fossati; fu la prima delle tre vittorie di tale premio per la cantante calabrese alla quale nel 1996, dopo la sua morte avvenuta un anno prima, esso fu definitivamente intitolo.

Nel 1984 inizia l’era Baudo: con lui Sanremo riconquistò la credibilità perduta, portando la cronaca e l’attualità sul palcoscenico dell’Ariston e istituendo col Festival del 1984 una competizione separata per le “Nuove proposte italiane”, con tanto di eliminazioni, assenti invece per la categoria dei “Campioni”. 

Nonostante il rilancio, molti dei grandi nomi della scena musicale sorti lungo gli anni settanta mantennero una certa distanza dalla competizione, accettando invece di esibirsi come ospiti o come autori. A partecipare più attivamente furono i cantanti divenuti famosi negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta (Iva Zanicchi, Peppino di Capri, Bobby Solo, Fred Bongusto), quelli la cui carriera aveva necessità di un rilancio o di una conferma (Loredana Bertè, Alberto Camerini, Donatella Rettore, Alan Sorrenti, Renato Zero, Anna Oxa, Mango, Raf) o quelli che legarono indissolubilmente il loro nome alla manifestazione (Matia Bazar, Fiordaliso, Riccardo Fogli).

Nel 1985 Claudio Baglioni intervenne per ritirare il premio, decretato dal voto popolare della trasmissione televisiva Fantastico 5 (anch’essa condotta da Pippo Baudo), per la sua Questo piccolo grande amore, la quale risultò vincitrice del concorso “Canzone d’amore del secolo”.

Claudio Baglioni fu l’unico artista, in questa edizione dominata dal play-back, a esibirsi dal vivo, al pianoforte.

Nel 1986 per la prima volta a condurre il Festival è una donna, una delle poche, Loretta Gocci, affiancata da Anna Pettinelli e con gli intermezzi comici de Il Trio. La Goggi fu anche l’interprete della sigla iniziale della competizione, Io nascerò, scritta da Mango, uno degli artisti in gara in quell’edizione.

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A far discutere quell’anno un battibecco in scena tra Donatella Rettore e Marcella Bella, e uno “scandalo” legato all’abbigliamento di Loredana Bertè, in gara con la canzone Re, che si presentò sul palco dell’Ariston con una pancia finta, per simulare una gravidanza inoltrata.

Nel 1987 tocca di nuovo a Baudo. Televisivamente sono due le novità di maggior rilievo di questa edizione. La prima fu lo show di contorno al Palarock dove si esibirono internazionali di alto livello quali Paul Simon, Smiths, Tom Robinson, Bob Geldof, i Duran DuraneWhitney Houston (che replicò una memorabile interpretazione di All at Once che aveva già ottenuto al Teatro Ariston la standing ovation del pubblico e la richiesta del bis, concesso in via del tutto eccezionale). La seconda – nata quasi per caso – fu l’introduzione nel corso della terza serata (nelle intenzioni originarie dedicata unicamente ai cantanti della sezione “Nuove proposte”) di un vero e proprio dibattito per discutere in merito all’andamento del Festival, con la presenza di giornalisti e cantanti della categoria “Campioni”: tale spazio avrebbe dovuto riempire circa una mezz’ora di diretta, ma, a causa dell’innescarsi di accese e vivaci polemiche, esso andò a costituire un vero e proprio show imprevisto – e di enorme successo -, orchestrato con maestria da Baudo. Tale sforamento relegò i cantanti delle “Nuove proposte” ben oltre la mezzanotte. Durante la serata finale, Baudo interrompe la competizione  per dare la notizia della morte di Claudio Villa, considerato il Reuccio della canzone italiana, scatenando l’ira del TG1 che avrebbe voluto dare per primo l’annuncio nel corso del telegiornale della notte.

Vi furono altresì delle polemiche quando venne preannunciata la partecipazione, fuori concorso, di Adriano Celentano, invitato a cantare una canzone sulla pace. Dovette rinunciare per le critiche rivolte dagli altri partecipanti, che si erano sentiti esclusi dall’iniziativa. Fu la prima edizione del Festival i cui ascolti furono rilevati dall’Auditel (entrato in funzione nel dicembre 1986): con una media del 68,95% di share (e con la punta del 77,50% di share medio per la serata finale) è, ad oggi, l’edizione del Festival più vista di sempre.

Miguel Bosé e Gabriella Carlucci sono i padroni di casa dell’edizione numero 38.

Nella terza serata si tentò di ripetere il fortunato esperimento dell’anno precedente ideato da Pippo Baudo, Aldo Biscardi è chiamato a condurre il Processo al Festival, dibattito sul festival che vedeva la partecipazione di Sandro Paternostro nel ruolo di difensore e di Vincenzo Mollica in quello di accusatore. La discussione assunse però presto toni altamente rissosi fra cantanti e giornalisti, tanto che molti degli artisti in gara (fra i primi Francesco Nuti Luca Barbarossa) decisero di abbandonare il programma in diretta, in polemica con la formula della trasmissione. A causa di questo fallimento, l’idea del DopoFestival, o in ogni caso di un luogo dove commentare il Festival, verrà messo da parte fino al ritorno di Pippo Baudo che ne farà una parte importante del Festival stesso.

La serata finale subì un’interruzione per consentire di mandare in onda la seconda manche dello slalom speciale valido per i XV Giochi olimpici invernali, che fu vinto da Alberto Tomba.

L’edizione del 1989 è da tutti ricordata con sorriso come l’anno dei Figli di… Rosita Celentano, Paola Dominguin, Danny QuinneGianmarco Tognazzi. La conduzione sarebbe dovuta essere affidata in realtà a Renato Pozzetto, mentre i figli d’arte avrebbero dovuto fungere da suoi valletti, ma l’attore si ritirò poco prima dell’inizio della kermesse canora; dopo i rifiuti di Pippo Baudo, Enrico Montesano e Renzo Arbore che rifiutarono tutti per il poco tempo a disposizione, l’organizzazione decise di ricorrere proprio ai quattro giovani, che inaspettatamente si videro promossi da semplici spalle a conduttori principali; i quattro all’epoca erano tutti quasi privi di esperienze, la loro conduzione si rivelò particolarmente sfortunata: commisero infatti gaffes e lapsus linguistici a quasi ogni annuncio, attirandosi unanimi critiche negative e la nomea di peggiori conduttori nella storia del Festival.

In quelle edizioni il voto popolare (espresso tramite il concorso Totip) legittimò le vittorie di brani indimenticati della nostra tradizione italiana, Al Bano e Romina Power con Ci sarà nel 1984, Ricchi e Poveri con Se mi innamoro nel 1985 , Eros Ramazzotti e la sua Adesso tu nel 1986, il trio Morandi-Ruggeri-Tozzi con Si può dare di più nell’edizione del 1987Massimo Ranieri a Sanremo 1988 con Perdere l’amore e Anna Oxa Fausto Leali al Festival del 1989 con Ti lascerò.